Freelancer: chiarimenti sulla Partita IVA, forma giuridica e nuovo Regime dei minimi

di | 27 Novembre 2012

Oggi faremo chiarezza sul pianeta lavoro dal punto ed analizzeremo la posizione di coloro che vogliono diventare Freelancer e che vogliono praticare, in modo professionale e continuativo, il lavoro di Webmaster, Blogger, Web Designer, Programmatore, Web marketer, ecc.

Come al solito, è bene premetterlo subito, in Italia le cose non sono facili ed il rischio è di trovarsi disorientati davanti alla “macchina pubblica” è molto elevato.

Ecco perché ho stilato questo vademecum per cercare di fare un po’ di chiarezza su degli aspetti fondamentali come l’apertura della Partita IVA, la scelta della forma giuridica (libero professionista o ditta individuale) e l’eventuale adesione al nuovissimo e vantaggioso Regime dei Minimi.

Partiamo dalla base.

Partita IVA: è obbligatoria?
Non ci sono dubbi, SI. Spesso viene detto che per iniziare basta la ricevuta fiscale con l’applicazione della “ritenuta d’acconto”. Non è sempre così, attenzione, ci sono dei limiti!

Se desiderate aprire un’attività professionale e continuativa la Partita IVA è obbligatoria. La scelta della ricevuta si può attuare soltanto se si effettua occasionalmente una prestazione è lo si fa in modo “non professionale”. La frequenza e la professionalità, pertanto, sono gli elementi che permettono di escludere a priori la possibilità di lavorare da freelancer senza possedere una Partita IVA.

 

La ricevuta con applicazione della ritenuta d’acconto, potrà essere utilizzata solo in una fase iniziale, nel limite invalicabile dei 5.000 Euro all’anno (oltre a questa soglia la ricevuta non è più accettabile).

Se avete deciso di diventare dei freelancer o marketer professionisti, dunque, il primo adempimento deve essere quello dell’apertura della Partita IVA.

Come si apre una Partita IVA?
Non molto tempo fa, l’apertura di una Partita IVA era una procedura abbastanza complessa: occorreva dare comunicazione dell’inizio dell’attività alla Camera di Commercio della provincia di riferimento, al Registro delle Imprese e all’INPS. Oggi, per fortuna, la procedura è stata sostanzialmente semplificata grazie alla Comunicazione Unica (ComUnica) da inviare al Registro delle Imprese. Sarà poi compito del Registro delle Imprese inoltrare la comunicazione agli enti interessati (Camera di Commercio, Istituti previdenziali ed assicurativi, Agenzia delle Entrate).

Detta comunicazione viene inviata on-line (utilizzando un intermediario come può esserlo un commercialista,  ma si può fare benissimo da se). Tutte le informazioni utili sulla procedura di invio di ComUnica sono disponibili a questa pagina.

La scelta fondamentale, da fare in sede di apertura di Partita IVA, è relativa alla forma giuridica con la quale si andrà svolgere l’attività. La scelta sarà inevitabilmente tra ditta individuale e libero professionista. Fra poco analizzeremo le differenze tra queste due forme giuridiche.

All’apertura della Partita IVA, oltre ad indicare i nostri dati anagrafici e la forma giuridica, vi sarà chiesto di specificare uno o più codici attività (codici ATECO) atti ad inquadrare il tipo di attività economica (ATECO è acronimo di ATtività ECOnomica) che andremo ad effettuare. Per un elenco completo dei codici ATECO è possibile visitare questo sito.

Di seguito un breve elenco, non esaustivo, di quelli affini alle attività attinenti il web, marketing, software ecc.ecc:

62.03.00 – Gestione di strutture e apparecchiature informatiche
62.09.09 – Altre attività dei servizi connessi alle tecnologie dell’informatica
63.11.30 – Housing e fornitura di servizi applicativi (ASP)
74.10.21 – Attività dei disegnatori grafici di pagine web
63.12.00 – Portali Web
62.01.0 – Produzione di software non connesso all’edizione
62.02.0 – Consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica
73.11.01 – Ideazione di campagne pubblicitarie
73.11.02 – Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari
Come detto potremo indicare diversi codici di attività ma occorre sempre specificarne uno come prevalente (per “prevalente” si indica quello che ci aspettiamo produca il maggior reddito).

Come scegliere tra “Ditta Individuale” e “Libero Professionista”


Una delle scelte più importanti, quando si sta per iniziare l’attività, è la scelta della forma giuridica. Questa volta non parliamo di società, quindi la nostra scelta sarà:

Ditta Individuale o Libero Professionista.


La Ditta Individuale è la forma più semplice d’impresa prevista dall’ordinamento italiano. E’ un’impresa di proprietà di una sola persona che assume la figura di imprenditore. La Ditta Individuale è una delle forme più diffuse nell’ambito della micro-impresa italiana.

Il Libero Professionista, invece, non è imprenditore ma un soggetto che svolge un’attività professionale in modo indipendente.

Da un punto di vista puramente giuridico, l’elemento discriminante tra le due figure è l’organizzazione: “è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art. 2082 c.c.) mentre il libero professionista si caratterizza per una prevalenza del suo lavoro rispetto al capitale (inteso, appunto, come “organizzazione”).

In pratica la differenza diventa molto più sottile e poco percettibile: accade spesso, infatti, che anche un libero professionista si avvalga di una “organizzazione” e, quindi, diventi anche imprenditore.

Comunque, la scelta tra le due diverse forme giuridiche è importante dal punto di vista della tassazione e dei contributi previdenziali.

Ma prima passare ai conti , introduciamo anche il “Regime dei Minimi“.

Il Regime dei Minimi
Il regime dei minimi è un singolare regime fiscale che è stato introdotto nel nostro paese con la Legge 244/2007. Il regime dei minimi è entrato in vigore per la prima volta nel 1 gennaio 2008 ed è un regime agevolato al quale si può aderire una serie di condizioni (requisiti di applicabilità).

Potranno accedere al regime dei minimi sia le imprese individuali che i professionisti che soddisfano dei requisiti:

presumano di avere un volume di ricavi entro il limite dei 30.000 Euro/anno
non hanno effettuato cessioni all’esportazione
non hanno dipendenti o collaboratori (sono ammesse le collaborazioni occasionali)
non hanno erogato utili ad associati in partecipazione con apporto di solo lavoro
non hanno acquistato nel triennio precedente beni strumentali per un importo superiore a 15.000 Euro
Oltre a questi requisiti, a seguito delle modifiche introdotte dalla DL.98/2011, occorrerà anche che:

l’inizio dell’attività deve essere successivo al 31 dicembre 2007
il beneficiario non deve essere stato titolare di una Partita IVA nei tre anni precedenti neppure come socio di società o come eventuale collaboratore di impresa familiare
l’attività non deve rappresentare una mera continuazione di precedente attività svolta come lavoratore dipendente o come lavoratore autonomo
Aderendo al Regime dei Minimi si potrà usufruire di tutta una serie di agevolazioni a dir poco interessanti:

  • si subirà una tassazione forfettaria del 5% (la quale sostituisce l’IRPEF)
  • si andrà ad emettere fatture in esenzione IVA (con evidenti benefici se eroghiamo prestazioni a privati poiché, di fatto, potremo praticare prezzi molto più competitivi)
  • evidenti ed agevoli semplificazioni in materia di tenuta di scritture contabili (con incredibile risparmio sul commercialista)
  • inapplicabilità degli studi di settore

Il regime dei minimi ha una durata massima di 5 anni, potrà essere rinnovato a condizione che il beneficiario non abbia un’ età superiore a 35 anni. Altrimenti, al termine del suddetto periodo, il beneficiario decade dalle agevolazioni ed entrerà a far parte della contabilità ordinaria.

La possibilità di aderire al Regime dei Minimi è senz’altro un vantaggio per ogni freelancer che potrà lavorare per 5 anni a condizioni agevolate, e grazie a questo potrà avviare e consolidare la sua attività senza eccessivi costi ed oneri burocratici.

Contributi previdenziali.
Se per quanto riguarda la tassazione (Regime dei Minimi) Ditte Individuali e Liberi Professionisti sono identici (come scritto sopra, il regime è applicabile, ad entrambi ed alle stesse condizioni), la forma giuridica rileva per quanto riguarda l’aspetto dei contributi previdenziali.

Come Ditta Individuale si pagano circa 2.900 Euro di contributi fissi che coprono un minimale di circa 14.500 Euro di utile; superata questa soglia (cioè sull’utile eccedente questi 14.500 Euro) andremo a pagare in forma percentuale con un aliquota del 20% (fino ad arrivare ad una soglia di circa 42.000 Euro oltre la quale si pagherà ancora di più).

Il Libero Professionista, invece, si iscriverà alla gestione separata ed è soggetto ad un’aliquota del 26,72%. Da notare che il professionista può inserire in fattura una rivalsa del +4% del suo compenso lordo (dunque una parte dei contributi previdenziali sono, in sostanza, pagati dal cliente).

Conti alla mano:
Simuliamo un guadagno annuale di 20.000 Euro (immaginiamo 28.000 Euro di fatturato con 8.000 Euro di spese detraibili) per capire l’incidenza della tassazione e dei contributi previdenziali:

Simulazione tasse/contributi per Ditta Individuale
Guadagno ipotizzato: +20.000 Euro

  • Contributi fissi INPS: -2.900 Euro
  • Contributi eccedenti il minimale: -1.100 Euro (il 20% di 5.500, cioè la differenza tra 20.000 e 14.500)
  • Contributi INAIL: -100 Euro circa
  • Diritto annuale Camera di Commercio: -100 Euro circa
  • Imposta: 800 Euro (5% di 20.000 meno i contributi previdenziali)
  • Utile al netto di tasse e contributi: +15.010 Euro

Simulazione tasse/contributi per Libero Professionista
Guadagno ipotizzato: +20.000 Euro

  • Rivalsa del 4%: +800 Euro
  • Contributi gestione separata: -5.344 Euro
  • Imposta: -732 Euro (5% di 20.000 meno i contributi previdenziali)
  • Utile al netto di tasse e contributi: +14.724 Euro

Tiriamo le somme.
Noterete che le differenze non sono abissali (in passato il vantaggio economico a favore delle Ditte Individuali era maggiore). La discriminante sono contributi fissi che devono essere versati anche se non guadagniamo nulla.

Personali considerazioni,  se stimate di guadagnare meno di 15.000 Euro all’anno la forma giuridica del Libero Professionista vi garantisce una più tutela (non ci sono contributi fissi ma si paga proporzionalmente), mentre se i vostri guadagni si stimassero più consistenti la forma della Ditta Individuale dovrebbe consentirvi di farvi rimanere qualche euro in più sul conto in banca, a fine anno.

Le suesposte informazioni non sostituiscono in alcun modo la consulenza professionale di un commercialista o di un consulente del lavoro, ma sono un semplice orientamento giusto per farsi un’idea per entrare concretamente nel mondo del lavoro.

 

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